La “rivoluzione” di Francesco. Marino Marini nella puntata di “Una giornata particolare” con Aldo Cazzullo su La7.

Una giornata particolare in cui, con determinazione, coraggio e fede, Francesco – il santo degli italiani – rivoluzionò con la sua “Regola” non solo la storia della Chiesa, ma del mondo intero.

Un nuovo avvincente racconto è stato al centro della terza puntata di “Una giornata particolare” il programma di Aldo Cazzullo andato in onda mercoledì 28 settembre alle 21.15 su La7, dedicato ai personaggi nei loro momenti cruciali che hanno cambiato il corso della storia e delle nostre vite.

È il 16 aprile del 1209 quando dodici uomini vestiti di stracci varcano a piedi nudi la soglia di un palazzo ricco, nobile e antichissimo: Palazzo Lateranense, a Roma. Il primo palazzo papale della storia, dove risiede e ha la sua cattedra il personaggio più potente e importante della cristianità: Papa Innocenzo III. A capo di quello strano gruppo c’è una delle persone più carismatiche, geniali e interessanti della Storia di sempre, l’uomo che ha cambiato la Chiesa senza uscirne: San Francesco d’Assisi.

Nel racconto di questa giornata particolare, Aldo Cazzullo con i due inviati Raffaele Di Placido e Claudia Benassi, hanno approfondito anche alcuni momenti fondamentali della vita di Francesco, attraverso i luoghi protagonisti degli avvenimenti di questa storia: la chiesa di San Damiano ad Assisi, il luogo della sua conversione, la Porziuncola e il Sacro Tugurio sempre ad Assisi. Il Santuario di Greccio e il Sacro Speco di Subiaco, la Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, il luogo dove è seppellito Innocenzo III e la Basilica di San Francesco ad Assisi, il luogo dove è sepolto Francesco.

Il grande lavoro di documentazione intrapreso per la realizzazione di questa puntata, ha avuto anche il contributo di Marino Marini, storico della gastronomia e cofondatore di Archeo Food, con il quale si è potuto infatti indagare e analizzare l’ambito legato all’arte culinaria antica e al costume alimentare dell’epoca di Francesco di Assisi e del Medioevo italiano.

Questo è un approfondimento del suo intervento a “Una Giornata Particolare”:

Quale è il contesto alimentare al tempo di Francesco di Assisi?

È quello dell’ultimo periodo di un Medioevo che ha avuto molte fasi, alcune delle quali non le conosciamo nemmeno troppo bene.

Il Medioevo ha inizio con la caduta dell’Impero romano d’Occidente di Romolo Augusto nel 476 d.C., questo almeno è formalmente l’orientamento degli storici

È un Medioevo che nei suoi primi 700 anni lascia poco o niente di scritto attorno alla cucina.

C’è un rimaneggiamento del trattato di cucina imperiale romana attribuito ad Apicio, il “De re coquinaria” ad opera di un Goto, tal Vinidarius, tra il V e VI secolo, che però sostanzialmente vi aggiunge qualche ricetta, i così detti “Excerpta”.

La cucina medievale scritta riappare nel 1300 e verosimilmente attinge a modelli più antichi che includono certamente anche il tempo di Francesco.

Che genere di cucina è quella di questo ultimo scorcio di Medioevo?

È una cucina elaborata, molto contaminata culturalmente dalle pratiche alimentari lasciate dalle dominazioni, su cui quella araba prevale.

Le spezie hanno grande rilevanza, non soltanto per i sapori che generano ma anche per lo status che testimoniano, essendo ricercate e carissime.

È una cucina molto ligia ai precetti religiosi, nelle limitazioni del mangiar di magro come in tempo quaresimale e altrettanto strutturata sui principi dietetici relativi alla teoria umorale galenica, che è riferita ai quattro elementi della natura, Acqua, Aria, Terra, Fuoco, cioè la manipolazione e il mescolamento degli ingredienti per il raggiungimento di quegli equilibri necessari al mantenimento in salute del corpo umano. È da Ippocrate che si usa questo modello di dietetica e di pseudo medicina, perché la natura di base degli alimenti, troppo secchi o umidi, troppo caldi o freddi, non è ritenuta conforme al raggiungimento dell’equilibrio degli umori corporei e pertanto si deve mediare con l’azione umana.

Ed era un modello affidabile?

Ma certo che no, però è stato tale per oltre 2000 anni e solo nel 1600 si afferma una concezione della scienza intesa come un sapere verificabile oggettivamente e controllabile pubblicamente.

Quali sono i piatti più rappresentativi dell’epoca di Francesco di Assisi?

Sono moltissimi e davvero affascinanti. Fortunatamente ne abbiamo descrizione in alcune fonti molto importanti di cui non conosciamo purtroppo gli autori. Sono fonti anonime.

Sono l’Anonimo Fiorentino, il Lucano, il Meridionale, il Napoletano, il Padovano, Il Senese, il Toscano, il Veneziano e moltissimi altri che oltre al 300 percorrono anche tutto il 1400.

Ovviamente la cucina medievale scritta, come anche quella degli altri periodi della storia, dai Babilonesi a Pellegrino Artusi, è solo ed esclusivamente la cucina dei ricchi.

Come dice Massimo Montanari, uno dei più autorevoli storici dell’alimentazione, “della cucina della moltitudine dei poveri che abitavano il mondo si è scritto poco, perché probabilmente c’è ben poco da scrivere purtroppo”.

Nei ricettari della nobiltà troviamo brodetti, minestre e zuppe dove il latte di mandorla e lo zafferano sono attori principali.

Il Medioevo dà il via alla pasta e dalla cultura araba prendono forma i Ravioli, con e senza involucro di sfoglia, che oggi troviamo ancora nella cucina tradizionale toscana con gli Gnudi.

È il tempo del Biancomangiare, un tortino fatto con il riso, pollo, le mandorle. onnipresente in ogni banchetto anche perché evocativo della sacralità religiosa che è simboleggiata dal candore del suo colore.

Ma anche stufati di erbe, verdure, porri e Purè di legumi come fave e lenticchie.

Il piatto forte del banchetto medievale è e resta sempre la carne, declinata in molti modi differenti:

C’è il Civiero, un umido molto elaborato che può essere di cinghiale, capriolo o lepre cotto con cipolle e vino.

C’è l’Ambrogino di pollo e frutta secca che è un miscuglio complesso e delizioso di dolce, salato e acido ritenuto così divino che deve il suo nome proprio all’ambrosia, il cibo degli dei.

Troviamo ancora la presenza dell’oriente nel pollo cucinato in Limonia, con il limone o in Romania, cioè con la melagrana che in arabo appunto è detta Rumman.

Ma anche le tante carni arrosto come capretto, maialino e ancora lepre, oca e cacciagione allo spiedo con salse acidule e molto speziate che ancora segnano appieno ad esempio la cucina tradizionale umbra.

Non mancano poi i pesci, cucinati in scapece o in carpione, cioè fritti poi conditi con cipolle e acidulati con agresto o aceto.

Pesci in agrodolce, di mare ma particolarmente apprezzati quelli d’acqua dolce.

Ci sono infine le tantissime torte salate di erbe o di carni, torte di funghi e formaggi e quelle addolcite con i frutti.

I piatti sono serviti simultaneamente sulla tavola dei signori medievali e ogni convitato sceglie secondo il proprio gusto.

E dei dolci non c’è traccia?

I dolci si affacciano alla tavola solo nel tardo Medioevo, quando nei conventi si cominciano a comporre dolcetti di pasta e frutta secca e pasticcetti dai nomi caratteristici come, “supplicazioni” o “pazienze”, e poi anche “favette “, cialde”, “obbiade”, “bozolati”, ecc. termini che hanno un rimando religioso evidente.

Proprio questo ci collega a Francesco perché, se è vero che il suo voto di povertà lo ha estraniato completamente dal frequentare i piatti che ho citato, è altrettanto vero che abbiamo una traccia importante nelle fonti di un biscotto che lui ha apprezzato così tanto da chiederlo quasi in punto di morte come ultimo contatto con la materialità del cibo.

È il Mortariolum, o più semplicemente il Mostacciolo, un biscotto con farina di mandorle, miele e mosto cotto che Francesco chiede a una sua amica e devota romana, madonna Jacopa dei Settesogli, cioè “dei Sette Troni. Una nobile romana della nota famiglia Frangipane e grande donna della storia del Medioevo. La particolarità della pasta frolla realizzata da madonna Jacopa per Francesco entrerà poi nella storia anche della pasticceria italiana proprio come “pasta Frangipane”, ossia una pasta frolla arricchita dalla farina di mandorle.

Sta di fatto che il legame di Francesco con questa donna devota comprende anche un elemento di connessione con il cibo e voglio concludere proprio usando le parole di Paolo Braconi, Professore di Storia dell’Agricoltura e dell’Alimentazione che ha studiato a fondo questo fatto storico:

“È l’amore per le cose belle e buone donate da Dio che muove il Santo a dare un addio alla vita gustando il sapore delle mandorle, del miele e del mosto cotto”.

Altre notizie

POR FESR 2014-2020. Asse III Azione 3.7.1. – BRIDGE TO DIGITAL 2020
Progetto di Supporto a soluzioni ICT nei processi produttivi delle PMI con il contributo POR FESR 2014-2020. Asse III Azione 3.7.1. Avviso Pubblico Bridge to Digital 2020 - CUP I91B21004680007