Fu vera gloria? Si chiese Alessandro Manzoni. Ai posteri l’ardua sentenza.
Tocca quindi a noi emettere la sentenza su uno degli uomini più importanti e controversi della storia. Napoleone Bonaparte, il rivoluzionario, il generale, l’imperatore che travolge l’Europa, è il primo che applica la razionalità illuminista alla guerra ma è anche colui che inventa lo Stato moderno e il Codice Civile che è il padre di tutti i codici, compreso quello italiano.
Il racconto ha attraversato, con i due inviati Raffaele Di Placido e Claudia Benassi, anche i luoghi della Storia: dalla Corsica, la Francia, l’Italia e i Paesi toccati dalle battaglie, dalle conquiste e dalle sconfitte di Napoleone Bonaparte
Il grande lavoro di documentazione intrapreso per la realizzazione di questa puntata, ha avuto anche il contributo di Marino Marini, storico della gastronomia e cofondatore di Archeo Food, con il quale si è potuto infatti indagare e analizzare l’ambito legato all’arte culinaria antica e a piatti specifici legati alla storia personale di Napoleone.
Questo è un approfondimento del suo intervento a “Una Giornata Particolare”:
Napoleone Bonaparte ha lasciato sicuramente il segno nell’immaginario collettivo. Si dice addirittura che sia universalmente il più conosciuto subito dopo Gesù Cristo
È un personaggio della storia piuttosto controverso. È un militare di carriera e approfitta dello squilibrio politico che si genera alla fine della prima fase della Rivoluzione francese. Assume il controllo con un colpo di Stato nel 1799 dando inizio ad una sorta di seconda fase della rivoluzione.
Agisce politicamente però in continua contraddizione. La contraddizione sembra quasi il suo marchio identitario.
È dittatore ma anche riformatore efficiente. Ridimensiona ferocemente il potere della Chiesa ma poi in seguito ci fa un concordato perché la Chiesa è un alleato politico strategico.
Impone tasse pesantissime alla proprietà e la censura alla stampa ma poi da vita al Codice napoleonico che migliora in modo significativo il Diritto e la vita dei francesi, come dei popoli dell’Europa che controlla, Italia compresa.
Cosa si sa di lui dal punto di vista alimentare?
Il rapporto che Napoleone ha con il cibo è rappresentato in modo piuttosto realistico già nell’iconografia che lo riguarda.
L’immagine del Generale francese che posa con una mano a contatto con la pancia. Un atteggiamento però che è tale per i dolori causati dalle sue gastriti e verosimilmente quella condizione non gli ha permesso grandi affinità con i piaceri della tavola.
Di lui sappiamo infatti che, a differenza di tanti altri grandi personaggi della storia, il suo rapporto con il cibo è davvero ridotto al minimo indispensabile.
Gli piace la carne, il pane fatto bene, un po’ di frutta e il caffè.
Beve quasi solamente lo Chambertin, un vino rosso di Borgogna che però annacqua sempre e rigorosamente.
Dedica pochissimo tempo ai pasti, anche quando costretto a pranzi o cene con la diplomazia.
E questa è una cosa che lui stesso ammette in una sua citazione celebre:
«Se volete mangiar bene, pranzate con il Console Cambacérès, se volete mangiare molto, pranzate con il Console Lebrun, se volete mangiare in fretta, pranzate con me.»
Insomma, certamente non un “fin gourmet” ma la cosa è comprensibile.
Napoleone ha ambizioni non da poco e per lui togliere tempo all’esercizio del potere nell’Europa del primo 800 non è una cosa accettabile.
C’è un piatto della storia gastronomica del suo tempo che è attribuibile in qualche maniera a Napoleone?
Si c’è e ci riguarda. Riguarda l’Italia perché è in Italia che viene realizzato.
È il “Pollo alla Marengo” un piatto celebrativo della vittoria di Napoleone sugli Austriaci nella battaglia avvenuta nel 1800 a Marengo di Alessandria in Piemonte.
Sulla forma e sostanza di questo pollo in umido, di questo infondo si tratta, come sempre accade nella narrazione che sta attorno alla relazione tra personaggio storico e cibo, ci sono più versioni e rimaneggiamenti, a volte anche un po’ troppo alterati dall’enfasi e dalla retorica.
Per alcuni il Pollo alla Marengo è preparato da un oste del posto che improvvisa la ricetta appositamente per il Generale.
Per altri è Dunand, il cuoco al seguito di Napoleone che adatta la confezione del piatto adoperando ciò che ha a disposizione, cosa più verosimile data la condizione di sicurezza a cui Bonaparte era costretto.
Per qualcuno, al pollo, vengono uniti gamberi, uovo, pomodoro.
Per altri è un pollo in umido bianco. La verità matematica non è in possesso di nessuno ma è senza dubbio interessante la versione del Pollo alla Marengo che Pellegrino Artusi presenterà un secolo dopo nel suo best seller “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”.
C’è da fidarsi di un italianissimo come Artusi nel raccontare le storie alimentari dei francesi?
Sicuramente si e per più ragioni: a segnalare ad Artusi la ricetta e criticare gli aneddoti che girano attorno a questo piatto è Olindo Guerrini, un bibliofilo, un letterato studioso della lingua italiana che gli evidenzia subito l’improbabilità dei racconti su questa ricetta, documentandone l’attestazione al 1815 e confutando certe aggiunte di ingredienti che sono attribuite all’interpretazione del grande Antoine Careme e successivamente ad August Escoffier. I grandi della cucina francese.
Un’altra ragione sta proprio alla base dei motivi della nascita della Cucina Italiana.
La Rivoluzione Francese produce una parallela Rivoluzione alimentare.
La cucina della nobiltà che per millenni si è sempre caratterizzata in forme di sapore mescolate quasi fino all’ossessione e per esaltare l’artificio esasperato nella ricerca degli equilibri delle materie prime alimentari, ritenute non adatte agli umori del corpo umano, viene letteralmente ripudiata dal pensiero rivoluzionario che ripristina il ritorno alla naturalezza alimentare.
I sapori non vengono più alterati e le caratteristiche organolettiche degli ingredienti vengono scandite e valorizzate nella loro semplicità naturale: il salato è salato, il dolce è dolce. Finiscono i mescolamenti estemporanei.
In questa nuova moda francese dell’esaltazione della naturalità degli alimenti, l’Italia delle migliaia di varietà vegetali e animali, delle cucine popolari, della genialità rurale del rendere delizioso anche ciò che non ha gran nobiltà, il “Bel Paese” ci si trova benissimo e proprio grazie a questo sdoganamento culturale operato dai francesi, prende vita la meraviglia della Cucina Italiana.
Quella stessa cucina che Pellegrino Artusi intercetta, comprende e codifica con il suo libro straordinario che diventa di fatto la Bibbia gastronomica di un modello alimentare che ancora oggi è il più apprezzato al mondo.
Quindi dobbiamo ai francesi il successo della Cucina italiana.
Ma come era preparato allora verosimilmente questo Pollo alla Marengo?
Io te lo farei raccontare dalle parole di Artusi, leggendo direttamente la ricetta dal suo libro in questa ultima edizione interessantissima di “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, curata in modo magistrale dal grande Prof. Alberto Capatti:
Ricetta numero 268. Pollo alla Marengo
La sera della battaglia di Marengo, nel sottosopra di quella giornata non trovandosi i carri della cucina, il cuoco al primo Console e ai Generali improvvisò, con galline rubate, un piatto che manipolato all’incirca come quello che qui vi descrivo, fu chiamato Pollo alla Marengo; e si dice che esso fu poi sempre nelle grazie di Napoleone, se non pel merito suo, ma perché gli rammentava quella gloriosa vittoria.
Prendete un pollo giovane ed escludendone il collo e le zampe, tagliatelo a pezzi grossi nelle giunture. Mettetelo alla sauté con grammi 30 di burro, una cucchiaiata d’olio e conditelo con sale, pepe e una presa di noce moscata.
Rosolati che sieno i pezzi da una parte e dall’altra, scolate via l’unto e gettate nella sauté una cucchiaiata rasa di farina e un decilitro di vino bianco.
Aggiungete brodo per tirare il pollo a cottura, coperto, e a fuoco lento.
Prima di levarlo dal fuoco fioritelo con un pizzico di prezzemolo tritato e quando è nel vassoio strizzategli sopra mezzo limone.
Riesce una vivanda appetitosa.
In verità Artusi omette l’aglio e aggiunge il burro, ma il piatto, sono d’accordo con lui, è sicuramente appetitoso e segna una vittoria, non soltanto per Napoleone ma sicuramente anche per la nostra cucina.